Il pensiero di un praticante



Tre anni fa, durante il solito periodo di vacanze estive che faccio in Versilia da quando sono bambino, alla ricerca di un'attività che avesse una parvenza spirituale, e stufo del corso di yoga che avevo praticato con insoddisfazione per tre anni con tre maestre e tre stili diversi, ho digitato su Google "taichi versilia". Non ricordo se scrissi proprio "taichi", perchè allora non sapevo di preciso come si scrivesse nè tantomeno come si praticasse tale disciplina, che avevo letto fosse una pratica interna di arte marziale praticata con movimenti lenti e consapevoli, capace di rinvigorire il corpo e lo spirito. Il maestro si chiamava Ronnie come me, e questo lo presi come il segnale certo di avere cliccato nel posto giusto. Quello che poi ho trovato è tutto ciò che non mi aspettavo, ma che cercavo da sempre: un metodo chiaro, logico e preciso a cui affidarsi sotto lo sguardo paziente di due maestri che mettono a disposizione degli allievi le loro preziose conoscenze acquisite in tanti anni di pratica. È inutile provare a spiegare i cambiamenti che si sono verificati dentro di me in soli tre anni di questa pratica che è cominciata con una faticosa, complicata, scoraggiante lezione settimanale, che ogni volta mi metteva di fronte alle difficoltà di contrastare la meccanicità del mio corpo e delle mie emozioni, per poi diventare una necessità impellente e giornaliera, che mi spinge a perseverare nel percorso lungo e tortuoso, di cui è solo anche impossibile immaginare la fine, ma che sento sempre di più essere l'unica alternativa genuina a una vita materiale, scontata e priva di profondità.

R.B.

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